lunedì 20 aprile 2020

Hokusai e Hiroshige a Bologna


Azuma e fude o nokoshite
tabi no sora
nishi no mikuni no
mei tokoro o mimu”.

Parto per un viaggio
Lasciando il mio pennello ad Azuma
Per visitare i luoghi celebri della Terra d’Occidente”.


Ho studiato per anni le arti marziali giapponesi, ho letto libri sul Paese del Sol Levante e sul suo popolo. I giapponesi visti dai miei occhi sono molto complicati, chiusi nei loro schemi, ma con un modo di vivere unico. Popolo alla ricerca della perfezione, dell’armonia, che riesce a cogliere la bellezza in tutte le cose; hanno l’abilità di rendere dei semplici gesti un arte.
L’Italia e il Giappone hanno secoli di rapporti, di scambi culturali ed economici, sono due paesi molto uniti. Ho approfittato di questa mostra tenuta a Bologna per rivedere opere di Hokusai e ammirare quelle di Hiroshige, pittore-incisore conosciuto da me solo sui libri…

Hokusai è stato per noi occidentali fonte d’ispirazione, sopratutto per gli impressionisti francesi, è stato un grande del suo tempo e la sua opera più famosa, la Grande onda di Kanagawa, è stata presa da esempio da molti artisti.

Hiroshige invece, è diventato famoso in Giappone per aver creato una relazione tra l’opera e chi la guardava; questo legame lo potrei quasi definire come un sentimento che poneva l’osservatore in ascolto o se preferite, in contemplazione della natura.




La Grande onda di Kanagawa di Hokusai…
La Grande onda di Kanagawa di Hokusai
La composizione è costituita da tre elementi principali: il mare in tempesta, le barche e il Monte Fuji.
Il disegno cattura l’istante in cui l’onda forma una specie di spirale quasi perfetta il cui centro passa per il centro dell’immagine, dando la possibilità di vedere il Fuji Yama sulla sfondo, in basso a destra le barche dei pescatori.
La lettura della xilografia andrebbe da destra verso sinistra.

Il mare è l’elemento predominante della composizione. Rappresentato nella forma di un’onda che si estende per tutta la scena nel momento prima d’infrangersi.
L’onda appare enorme, quasi mostruosa con i suoi “artigli” di spuma, che minacciano i pescatori .

Nell’immagine vi sono tre imbarcazioni chiamate OshioKuri-bune, barche lunghe adatte al trasporto del pesce in mare aperto; come suggerisce il titolo dell’opera, le imbarcazioni si trovano in prossimità di Kanagawa che al tempo era uno scalo commerciale sulla via del Tokaido, la via costiera che collega Tokyo con Kyoto.

Infine sullo sfondo, il Monte Fuji considerato un simbolo nazionale per il Giappone e che rappresenta uno dei più importanti simboli religiosi del paese.
La sua raffigurazione nell’arte è da sempre associato alla bellezza, alla sacralità all’elemento fuoco.

Il tema dell’opera è il contrasto tra la forza della natura e la fragilità dell’uomo, con sfondo la sacralità quasi indifferente del Monte Fuji.
La xilografia benché piuttosto semplice, è tuttavia il risultato di un lungo processo e di una riflessione metodica da parte di Hokusai.
Le basi di questo pensiero spiega che ogni oggetto può essere disegnato sfruttando la relazione tra il cerchio e il quadrato. Essa combina elementi tradizionali della pittura giapponese e caratteristiche tipiche di quella europea.
Hokusai prese ispirazione per la raffigurazione delle onde lo stile Yamato-e in cui la forza dell’acqua e il potere delle onde sono sovente utilizzate per dare risalto agli sforzi umani,; mentre dagli europei apprese indirettamente l’uso della prospettiva, la precisione e il realismo. Inoltre per il colore delle onde, Hokusai utilizzo il blu di Prussia che proprio grazie agli scambi commerciali con gli olandesi, in quel periodo storico era più accessibile all’acquisto.


Per quanto mi riguarda, il Giappone…
Grazie alle arti marziali, ho avuto modo di conoscere, anche solo in modo superficiale e sui libri un popolo incredibile. Il Ju Jitsu mi ha forgiato fisicamente, ha aumentato la consapevolezza di me stesso e cambiato caratterialmente: se da un lato mi ha reso mentalmente cubico, in questa struttura mi sento libero, capace di fare le cose con metodo ed a portarle a termine.
Come tutte le cose questo comporta pro e contro, anni e anni di passioni
Il sentimento che vi vorrei infondere è che andare in un museo per vedere dei “disegni colorati” può essere tempo speso bene, se si ha fatto un certo tipo di percorso. La vita vi cambia se vi dedicate ad un arte, ad una disciplina o ad uno sport, vi potrebbe arricchire, vi potrebbe aumentare la vostra consapevolezza interiore e portarvi ad essere presenti nel momento. Ci vorrebbe più di un post per questi argomenti...
Il mio consiglio è, se avete le capacità fisiche, di praticare arti marziali, qualsiasi essa sia; fatte bene e con i giusti insegnanti si ha la possibilità di crescere. Potrebbe anche nascere in voi la curiosità e la voglia di conoscere un popolo come quello giapponese e la sua arte.



lunedì 13 aprile 2020

Monte Battaglia e la Val Santerno

Io mi sento in pace quando cammino, mi piace molto andare nei boschi della Valle del Santerno e il mio posto in cui torno sempre volentieri è Monte Battaglia.
Vista panoramica da Monte Battaglia
Monte Battaglia è una cima sul crinale che divide la valle del Santerno da quella del Senio a circa 18km in linea d’aria da Imola verso Firenze; sono valli antiche, che hanno visto nei millenni il passaggio di molti popoli, molte guerre e al contempo sono fermi immutabili nel loro essere. Monte Battaglia è a 715 m slm , in estate è bello andarci perché non si soffre l’afa del caldo di fondo valle, si gode di un panorama bellissimo e di notte è possibile mirare un cielo stellato come pochi. E’ un luogo tranquillo, silenzioso e alla rocca vengono organizzati eventi interessanti; il mio preferito è il concerto che si tiene la notte di san Lorenzo in Agosto.
Le prime notizie certe sulla rocca risalgono ad documento del 1154 che cita il luogo come "castrum de Monte Battalla". Soggetta al controllo degli Imolesi, passa tra il 1390 e il 1435 tra le mani di diverse famiglie fino alla fine del 1400 a Caterina sforza, signora di Forlì e Imola. Risale a questo periodo la costruzione di un poderoso bastione triangolare in parte ancora esistente posto a rafforzamento della torre principale. Come la maggior parte delle rocche romagnole, anche Monte Battaglia subisce prima la conquista del Valentino, figlio del Papa Alessandro VI, poi quella dei Veneziani che occuparono tutti i punti strategici dell'entroterra fra Ravenna e Cervia. Restituita al controllo della Santa Sede nel primo decennio del 1500, progressivamente con l'avvento delle armi da fuoco e di nuove tecniche di guerra la rocca perde interesse militare e viene abbandonata.
La torre della rocca di Monte Battaglia
In sostanza dopo quasi 150 anni di guerre più o meno continue, il luogo momentaneamente trova pace e cade lentamente in uno stato di totale abbandono. Passano i secoli...
La stella Polare e il cielo notturno
I resti della rocca
Nel blu dipinto di blu
Tutti abbiamo studiato a scuola la seconda guerra mondiale, non aggiungo molto anche per non essere tedioso; a Monte Battaglia, all'inizio dell'autunno del 1944 la zona è teatro di una delle più feroci battaglie fra Americani e Inglesi da una parte e Tedeschi dall'altra, con oltre duemila caduti. Della rocca al termine dei bombardamenti restava solo il troncone della torre e parte della cinta muraria.
Monumento ai caduti della Seconda Guerra Mondiale
Se mi faccio le giuste domande, in qualsiasi ambito ottengo delle risposte sensate.
Non è da sottovalutare come la geografia impone a mal grado dell’uomo regole precise in caso di guerra. Una montagna o un fiume non si possono spostare e se un esercito vuole passare attraverso una regione, si scontra con la dura realtà del territorio. La stessa cosa vale in tempo di pace, le vie commerciali che utilizziamo oggi ricalcano quelle antiche, non ci si inventa niente; perché è normale cercare la soluzione più facile a qualsiasi problema col minino dispendio di energie e mezzi. Quindi non a caso è stata costruita proprio in quel punto la rocca di Monte Battaglia: su un crinale, in un luogo di passaggio tra due valli parallele lungo una via commerciale.
La curiosità secondo me è un elemento fondamentale, è quella cosa che ci spinge a fare, a cercare, ed a mettere il naso fuori di casa. Ma essere curiosi non basta, bisogna saper osservare, il fermarci al momento giusto e l’andare con il giusto ritmo nelle cose.
Tutte queste cose, secondo me, ci danno la possibilità di apprezzare tutto ciò; a volte e mi ci metto in prima persona, andiamo troppo di fretta, diamo per scontato troppe cose e non ci rendiamo più conto del senso del tempo e delle distanze. Troppo tutto e troppo subito.
Per questo, quando posso, mi piace prendermi del tempo e camminare per boschi, mi fa tornare come ad una dimensione più coi piedi per terra. Per concludere questo post, suggerirei a tutti voi di trovare un luogo dove poter star bene con se stessi lontani dalla frenesia della città, dal inquinamento, dai rumori… voi, il vostro essere e la natura.
In silenzio rispettoso del luogo

giovedì 9 aprile 2020

Le mani dipinte sulla roccia tra storia, arte e simbolismo


«Cantami, o Diva, del Pelide Achille
l'ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco
generose travolse alme d'eroi,
e di cani e d'augelli orrido pasto
lor salme abbandonò, da quando
primamente disgiunse aspra contesa
il re de' prodi Atride e il divo Achille.»

Sono passati ormai sette anni da quando non scrivo più nel mio blog personale.
Sono accadute tante cose nella mia vita personale che per un motivo o un altro mi hanno spinto a mettere da parte questa passione di raccontare.
Sono cambiato in questo periodo di tempo e vedo le cose, si con i miei di occhi di sempre, ma con un approccio diverso.
Penso di essermi ritrovato, di avere il tempo, la voglia di descrivere di nuovo ciò che vedo.

Attualmente lavoro in una fonderia; ciò che fai sei, dice qualcuno… il lavoro pur essendo faticoso, a volte mi da il modo di ricavarmi del tempo nella mia mente per riflettere, per immaginare e sognare cosa fare nel tempo a me concesso.

Le prime parole scritte in questo post, come avrete dedotto, sono tratte dall’Iliade Libro I; è molto facile scrivere con parole altrui, copiare ed incollare ma solo perché non sono in grado di dire, scrivere e formulare pensieri così profondi ed originali.

Non c’è nulla di male nel ripercorrere i sentieri già tracciati da altri, si possono fare propri o semplicemente essere uno spunto per migliorare, in questo ambito, la mia esistenza.
Il lasciare una traccia, una impronta di noi è sempre stato sentito dall’uomo come elemento di immortalità e di presenza su questa terra; tramite le arti e tramite la discendenza mi viene da scrivere… ma il tempo è tiranno, la gente dimentica e le cose si perdono nella notte. Non è cosa da condannare, è una componente dell’uomo che fa parte della natura e dei suoi cicli.



La storia e la memoria pur essendo componenti della stessa entità sono due cose separate; la memoria di tante persone può dare modo agli storici di raccontare gli avvenimenti andando oltre ai documenti ufficiali ma rimane sempre rilegata alla persona, di chi la racconta e quindi soggettiva.

Ma per concludere questo post, per spiegare perché ho ripreso a scrivere e di raccontare è l’idea di descrivere il territorio in cui vivo tramite la fotografia supportandola da una descrizione dei luoghi e da una breve riflessione personale.
Descrizione del territorio inteso come viaggio tra quotidiano e senso della vita, in una costante ricerca del bello, del buon gusto, dell’armonia e dell’equilibrio.
Attraverso il mutare delle stagioni con i suoi colori, cerco tramite l’occhio della fotocamera di esprimere questi sentimenti.
Questo che stiamo vivendo è un periodo difficile, ma non è un motivo per smettere di osservare con il cuore ciò che ci circonda, bisogna sforzarsi e cercare in un modo o nell’altro di tramandare ciò che è e ciò che è stato.