sabato 30 maggio 2020

Ravenna e i suoi campanili

Il Tempo

Per compiere il trekking dell'anello di Sant'Andrea, l'ultima volta ho impiegato circa due ore e mezza, mentre, nella mappa del CAI viene riportato un tempo di percorrenza di quattro ore.
Da qui lo spunto per questo nuovo post...
Il tempo.

Le nostre giornate sono scandite dagli orari dettati per lo più dal lavoro, un incastro continuo: lavoro, casa, spesa, palestra, e più chi ne ha più corre sempre in "fila".
Orologi da polso, cellulari piene di
app di ogni tipo... ci ricordano sempre che ore sono e tante altre cose "utili e indispensabili".


Passiamo da una vita frenetica a momenti di noia, in cui il tempo sembra non passare mai... ma il tempo è sempre quello, scorre uguale; è solo la nostra percezione nei suoi confronti che è differente.
È la sua gestione o meglio, le scelte che facciamo sul suo utilizzo ci portano a vivere meglio il presente, il nostro passaggio terreno.

Ma che cos'è il tempo? Bisogna ancora una volta farsi le domande giuste e le relative riflessioni perché oggi siamo arrivati a questo punto.
Senza andare ai Sumeri o agli Egizi, nell'antica Roma, dove la durata di un giorno veniva misurata dal sorgere del Sole fino al suo tramonto; questo aveva portato alla definizione di 12 horae, per forza di cose stabilite con variabilità dalla dilatazione e dal restringimento dell'effettivo periodo di luce nell'arco dell'anno.
I cristiani poi importarono in Occidente l'uso ebraico di stabilire l'inizio della giornata a partire dal tramonto, per cui le horae romane furono calcolate partendo dal calare del Sole.
La pratica liturgica se ne approprio', per scandire ed associare determinate preghiere a precisi momenti del giorno e della notte. Qui l'introduzione dei campanili a lato della chiesa e l'utilizzo delle campane; i loro tocchi chiamavano la mattina al lavoro, ed al tramonto scandivano il ritorno dei cittadini all'interno delle mura.

Il tempo nel medioevo era ancora strettamente legato ai cicli naturali: dai momenti del raccolto dei lavori agricoli: ed infatti, la maggior parte delle festività dell'epoca era ristretta all'arco del periodo invernale, quando la natura riposa.
Torre dell'Orologio a Brisighella
Questo durò, almeno fino alla comparsa, in epoca comunale, dei primi orologi meccanici, che incominciarono a scandire quello che verrà poi definito, come il "Tempo del Mercante".
Con la comparsa degli orologi meccanici, grandi meccanismi di cui si dotarono presto le torri più alte di ogni città, che funzionavano con pesi e che "battevano" le ore ed i quarti, fu possibile una più precisa scansione della giornata.
Nel XV secolo, fu introdotta l"ora francese", che riprendeva la consuetudine romana di far iniziare il giorno successivo dopo la mezzanotte, e che divideva l'arco della giornata in 12 ore antimeridiane e 12 pomeridiane.
Con la rivoluzione industriale e con il progresso... Il passo si è compiuto, l'uomo ha smesso di seguire i ritmi della natura e lentamente si è allontanato da essa.
Con tristezza ammetto che non conosco la flora e la fauna selvatica dell'appennino; come la maggioranza delle persone sono parte di questo meccanismo.
Si può leggere questo post anche in chiave d'invito, di stimolo propositivo ed è quello che vorrei... prendere in mano un libro e dedicarmi alla lettura, prendermi il tempo necessario per conoscere quello che non si sà, o semplicemente fermarmi e chiudere gli occhi e concentrarmi sulla respirazione e vivere così un momento unico con se stessi.

Concludo con un pensiero di Tiziano Terzani, che mi ha fatto riflettere in più di un occasione:
Oggi l'economia è fatta per costringere tanta gente a lavorare a ritmi spaventosi per produrre delle cose per lo più inutili, che altri lavorano a ritmi spaventosi, per poter comprare, perché questo è ciò che dà soldi alle società multinazionali, alle grandi aziende, ma non dà felicità alla gente.

Ciao e Buon cammino a tutti.

lunedì 18 maggio 2020

I Liguri e il Mugello

«…Tu incontrerai l’intrepida oste dei Liguri,
e tu valoroso vedrai quanto siano abili nel combattere…».
Avvertimento per Ercole da parte di Prometeo.

Nel post precedente ho parlato di Castiglioncello e della sua importanza per il controllo del territorio nella Val Santerno nel medioevo.
La zona in questione fa parte del Mugello, per curiosità, ho iniziato a cercare e a documentarmi sul perché si chiama in questo modo.
Voglio così condividere con voi le informazioni che ho raccolto, nella speranza di lasciarvi qualcosa di utile e interessante.

Il Mugello, prende il nome da una tribù di Liguri chiamata Magelli, che s'insediarono nell’attuale Italia nord-occidentale, nel 2000 a.C.; questo avvenne prima dell'arrivo degli Etruschi e dei Celti.

Mappa del Mugello

I Liguri erano un popolo diviso in tribù, con molta probabilità proveniva dalla penisola iberica e fu uno dei primi popoli a valicare le Alpi ed a stanziarsi nella nostra penisola; era un popolo che non conosceva la scrittura, per cui si sono perse molto informazioni sul loro conto ma presentava molte affinità con, i loro “vicini di casa”, i celti per usi e costumi.

Dalle sepolture, infatti si è scoperto che gli elmi dei guerrieri erano simili e l'uso di portare il torques al collo era comune.

Elmo Ligure
Figurante alla Festa Celtica di Monterenzio 2017

I villaggi dei Magelli erano molto interessanti, venivano costruiti attorno ad un “Castelliere”, in cima ad una collina. La terra per realizzare il fossato veniva impiegato per rialzare ulteriormente la struttura e le pietre venivano utilizzate per le mura dell’edificio. Una torre di diametro molto ampio (anche di 50m) all’interno della quale l’esercito alloggiava e dove veniva amministrato il villaggio, all’esterno le case e le strutture civili dei liguri.

Apro una piccola parentesi sui castellieri… quando ho fatto la Via degli Dei, un trekking lungo circa 130Km che collega Bologna a Firenze, sono passato per Monte Bastione e Poggio Castelluccio. Entrambe le località presentano i resti di queste strutture difensive.

Ho sperato di vederle ma la vegetazione e l’ubicazione esatta non mi hanno consentito di trovarle, peccato… Ma Torniamo al Mugello e ai Liguri.

Presumibile forma di un Castelliere Ligure

Tra l'VIII e il V secolo a.C., anche tribù celtiche, probabilmente provenienti dall'Europa centrale, iniziarono a trasferirsi in Italia. Avevano armi di ferro, il che permisero loro di sconfiggere facilmente i liguri e le tribù locali, che erano ancora armate con armi di bronzo.

Celti e Liguri in seguito iniziarono a mescolarsi tra loro e formare una cultura celto-ligure; durante questa convivenza la lingua parlata, le divinità principali e la fattura dei manufatti portati alla luce in area ligure erano di tipo celtico.

Gli antichi scrittori romani, come Tacito a proposito dei Liguri, ci riportano l'immagine di un popolo semi selvaggio, ferino, i cui guerrieri incutono timore solo con il loro aspetto.

Nel contempo vengono però sottolineate le qualità di solidarietà ed onestà, di una popolazione agricola e pastorale non ancora divisa in classi e in cui le donne affrontavano le stesse fatiche degli uomini in una terra definita sassosa, coperta di alberi da abbattere.

Dopo la seconda guerra punica, nel 200 a.C., Liguri e Celti Boi saccheggiarono e distrussero la colonia romana di Piacenza, controllando di fatto uno dei passi più importanti della Pianura Padana.
Questo avvenimento scatenò una guerra e solo tre anni dopo i Romani, riuscirono a riprendere il controllo dell'area piacentina.
Seguì una seconda fase del conflitto che si portasse fino al 155 a.C., caratterizzato dal fatto che i Liguri si trincerarono sull'Appennino, da dove periodicamente scendevano per saccheggiare i territori circostanti.
I Romani, dal canto loro, organizzavano continue spedizioni sulle montagne per sconfiggere e sottomettere definitivamente i Liguri rimasti.
Fu una guerra lunga e sanguinosa...

L'etnia ligure si dissolse solo nella "cittadinanza romana", con il progredire della romanizzazione nei territori conquistati.

Tutto questo papiro di informazioni per dire cosa: i Magelli si sono andati ad insediare in un bel posto, ma con il giungere degli Etruschi da Sud-ovest e poi dei Celti da Nord-est, le cose si sono complicate notevolmente. Erano in mezzo a due popoli forti e valorosi e come accade sempre nella storia, essere in mezzo a due potenze non è mai una cosa buona.

I romani hanno solo dato il colpo finale a questo popolo, integrandolo al suo interno.

Festa celtica di Monterenzio 2017

Onestamente sono rimasto incuriosito, una popolazione insediata in Italia da 4000 anni fa, fa strano… anche se ora rimangono solo alcuni toponimi e qualche reperto rinvenuto in tombe e nulla più.

Oggi secondo me, la cosa più difficile è ridisegnare come fosse la conformazione del territorio dell’epoca: le coste erano differenti, non c’erano strade, l’appennino era ricoperto di foreste e l’agricoltura non era come quella odierna.

Ogni pietra tolta dalla terra per poterla lavorare costava sacrifici in termini di fatica, il mangiare non era sempre garantito nelle giuste quantità e per tutti.

Le malattie non guardavano in faccia e nessuno così come l’inverno. Eppure questo popolo antico come tutti gli altri nella storia, è riuscito ad adattarsi al territorio ed a plasmarlo. Dovevano essere tempi duri: in totale simbiosi con la natura, il tempo trascorreva lentamente eppure con una maggiore consapevolezza.

Ad Maiora!

Buon cammino a tutti.

venerdì 15 maggio 2020

Pianificazione e scelta di un Trek

L'esperienza dimostra che, se si prevede da lontano il disegno che si desidera intraprendere,

si può agire con rapidità una volta venuto il momento di eseguirlo.”

Oggi vi racconto di come pianifico ed organizzo le mie escursioni; ma prima vorrei parlarvi di ciò che provo quando faccio escursionismo.
Le emozioni, sono alla base di tutto: mi sento in pace, mi sento bene, mi si riempie il cuore dei colori della natura.
Mi sembra di perdermi negli orizzonti tra il cielo e le colline, amo anche la fatica che faccio per meritarmi tutti quei doni...
Amare la fatica?
La fatica, nessuno la vuole fare!
La nostra società è centrata molto sul possesso di oggetti, sull'apparire, sui piaceri della vita e non parla mai della sofferenza, della vecchiaia e della morte, come se fossero tabù.
Ma queste elementi sono parti integranti della vita... come il giorno e la notte, come il caldo e il freddo per capirci.
Il taoismo, che conosco in modo molto superficiale, spiega bene la dualità delle cose; la trasposizione con un trek è semplice ed immediata.
Per assaporare il piacere di un panorama devi fare fatica per poter raggiungere la cima da cui mirarlo.
La fatica, come il piacere sono parti della vita, hanno la stessa importanza, la stessa valenza, si completano.
Ma parliamo di come pianifico ed organizzo un un'escursione che è l'argomento principale del post...

Il primo fattore che incide molto sul tipo di escursione che intendo fare, è il tempo a mia disposizione; per esigenze familiari o lavorative, non sempre posso stare fuori più di una giornata e quindi mi si preclude la possibilità di una lunga escursione.

Ad ogni modo decido sempre con qualche giorno di anticipo dove andare, la lunghezza del trek e cosa vedere, non vado mai all'avventura.

Sentiero CAI 715

Scrivo subito che preferisco escursioni ad anello; questo perché mi danno la possibilità di lasciare l'auto e di trovarla lì, dove l'ho lasciata al momento della partenza. 
Non disdegno le escursioni a tappe, ma in questo caso pianificare è molto importante perché comporta dormire fuori una o più notti e di conseguenza serve un "rifugio sicuro sulla via".

Come la maggioranza delle persone lavoro dal lunedì al venerdì, i mezzi pubblici (bus) nel fine settimana ovviamente, sono molto meno che nei giorni lavorativi e questa condizione non favorisce le escursioni a tappe poiché non si riesce fisicamente a tornare a casa o all'auto.

Altro fattore di scelta, per un trek, per me è che ci sia un qualcosa da vedere; può essere un punto panoramico, una cascata, una costruzione... un qualcosa per dire vado lì perché... 
È una specie di obbiettivo, un traguardo da raggiungere per assaporare il momento dell'arrivo e alleviare la fatica durante l'escursione. 
Carta Escursionistica 1:25000
Come strumento principale per pianificare i trek, guardo sempre le mie mappe a disposizione, libri (presi anche in bibblioteca), il web e poi inizio ad elaborare il tutto.
La mappa escursionista vuoi che sia 1:25000 o 1:50000 quando cammino, è sempre con me.
Un altro strumento che utilizzo è un app che si chiama wikilock.
Questa app offre la possibilità, tramite gps, di tracciare il proprio percorso e successivamente di sapere la lunghezza, il tempo impiegato, il dislivello e caricare anche foto.
Wikilock, come dicevo, lo si può utilizzare anche in fase di pianificazione, ovvero si cerca nella zona dove si vuole andare se ci sono percorsi e da lì prendere nota.
La utilizzo principalmente per rendermi conto se i sentieri sulla mappa sono utilizzati e farmi un idea di ciò che mi aspetta... una verifica del percorso diciamo così, dai!

venerdì 8 maggio 2020

Castiglioncello un antico borgo abbandonato

Ci sono delle pianure e della vallate che la Geografia sembra aver predisposto per la Storia.

Sylvain Tesson

Se c'è una cosa che la scuola riesce a farti ad "odiare" sono la storia e la geografia.
Date, battaglie, trattati, che noia che sono e poi sono sempre e sempre gli stessi argomenti... per "fortuna" la geografia si studia fino alle scuole medie...
Se non lo avete fatto, leggete il post del trekking Sentiero CAI 717 Anello di Sant'Andrea, leggetelo, perché oggi vi racconto di Castiglioncello.
Una piccola lezione di storia e geografia che poi, forse, a fine lettura apprezzerete.

Secondo me, ci sono storie che vanno la pena di essere raccontate, altre ricordate, affinché non cadano nell'oblio del tempo.

L'appennino Tosco-Romagnolo potrebbe essere visto dal cielo, come un "pettine" ed i crinali delle sue valli come i denti di questo strumento. Se avete questa immagine in testa, siamo a buon punto e procedo nel racconto.
L'appennino Tosco-Romagnolo
Se si vuole andare da Firenze in Romagna, per l'orografia del territorio i passaggi obbligatori sono quattro:
Dal passo della Futa (Firenze-Bologna/Imola), dal passo del Giogo (Firenze-Imola), dal passo della Colla di Casaglia (Firenze-Faenza) e dal passo del Muraglione (Firenze-Forli).
La via migliore per trasportare merci è quella in direzione Bologna utilizzando il passo del Futa; lo sappiamo oggi, ma lo sapevano ancora prima gli Etruschi e poi i Romani.
I secondi infatti, dopo la seconda guerra punica, nel 187 a.C costruirono la via Flaminia militare per collegare Bononia con Arretium.
Questa strada è stata utilizzata per secoli, è andata in declino lentamente prima con il crollo dell'Impero Romano d'Occidente e poi in modo irreparabile con le guerre gotiche tra bizantini e Longobardi alla fine del V secolo d.C. 
Quando Carlo Magno, re dei Franchi, l'utilizza e la percorre con il suo esercito nell'800 d.C per andare a Roma, era ormai in completa rovina.
L'Italia ai tempi dei Longobardi
Le guerre e la contrapposizioni di popoli, fecero calare il commercio nella zona, ma non ad interromperlo completamente.
I mercanti, cercarono percorsi alternativi e sicuri a scapito del passaggio dal passo della Futa per portare le loro merci tra la Tuscia e la Pianura Padana.

Castiglioncello è un antico borgo fortificato che sorge nel Mugello su una piccola altura tra il fiume Santerno e il botro Vincarolo, lungo la direttrice Imola - Firenze.
Il borgo, fu costruito presumibilmente all'inizio del 800 d.C., per controllare il commercio a fondo valle tra la Romagna e la Tuscia.
Ma tu guarda, che coincidenza, due dei quattro passi che ho elencato prima, sono proprio in questa valle.
Credo che fu realizzato anche, per difendere la popolazione e per controllare il territorio durante le guerre che interessarono quella zona nell'alto medioevo.
Il Mugello è una zona di confine che da sempre è stata spartiacque tra la pianura padana e l'Etruria, da sempre abitata e contesa nel tempo proprio perché chiave di accesso tra le due realtà territoriali e i due mari principali d'Italia.

Proprio la posizione strategica di Castiglioncello è determinante per la sua storia. Nel medioevo i diversi casati prima gli Ubaldini Toscani e poi gli Alidosi Romagnoli dopo, si contesero quelle zone di confine per esigere il pagamento di salati pedaggi fino a quando Firenze con i Medici penetraromo nel territorio.
Fu poi dogana tra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio 
Successivamente a questi avvenimenti vennero costruite nuove strade più agibili e quindi fuori dal paese che la collegavano a Bologna e Firenze. Questo causò a partire dal XVIII secolo un lento ma irreversibile declino che si concluse con la seconda guerra mondiale.
La famosa linea gotica era in quella zona, gli anglo-americani sfondarono le linee tedesche tra il passo del Giogo e del Futa.
Nel 1931 Castiglioncello contava ancora 64 abitanti, negli anni 60 invece era già del tutto disabitato...
Arrivando al borgo
La via principale ed unica del borgo

Interno di una delle case


La chiesa di S.S. Giovanni e Paolo

L'interno della chiesa

Particolare dell''interno della chiesa

Vista panoramica in direzione di Castel del Rio
Arrivando, ci si rende subito conto che  è un posto che ha molto di particolare, non solo dal punto di vista architettonico.
Una via unica percorre per la lunghezza l'abitato, le case in pietra e legno sono quasi tutte a due piani, organizzate secondo la tipologia classica cinquecento-seicentesca di queste zone: al piano terra la stalla e al piano di sopra l’abitazione familiare.
Molti dei pavimenti delle stalle e delle case sono in tavelle di mattoni pieni messi trasversalmente (l’antico “cotto”).
Spicca l'edificio della dogana, del 1700 circa; un'abitazione a tre piani con muri ed una scalinata relativamente conservati, il tetto purtroppo è parzialmente crollato. Come suggerisce il nome, all'interno avveniva l'amministrazione doganale tra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio, attività svolta fino all'unità d'Italia.
Nel paese sopravvivono ancora due chiese e per un gruppo così piccolo di case sono veramente una rarità. Purtroppo anche questi due edifici sono in uno stato di completo abbandono e degrado.


sabato 2 maggio 2020

Trek Sentiero CAI 717 Anello di Sant’Andrea

Vorrei dare una struttura al blog, creare una sorta di storia tra un post e l’altro in modo da dare un senso al tutto; allo stesso tempo vorrei parlare di temi differenti e di tante cose che mi stanno a cuore che, probabilmente alla fine non riuscirò nell’intento prefissato.

Oggi vi racconto di un Trek che faccio sempre volentieri, il Sentiero CAI 717 Anello di Sant’Andrea vicino a Castel del Rio.
Questo post ne introduce tre successivi, ovvero il concetto di tempo, il Mugello e come pianifico i miei Trek; buttati così non dicono niente ma fanno parte della storia che vi racconterò ma non voglio anticipare niente.

Torno al Trek argomento principale, prima di descriverlo, come un’enciclopedia Treccani, vi racconto perché mi piace percorrerlo e perché vi consiglio di farlo.
Castel del Rio dista circa 25 Km da Imola, tutto sommato non troppo lontano da casa, siamo già in alta collina, è un percorso bello con un tratto faticoso ma che regalo un panorama stupendo sulla valle ed infine con una piccola deviazione si giunge al borgo abbandonato di Castiglioncello.

La vallata e Castiglioncello in lontananza
Tirli e la cascata dei Rio dei Briganti

Descrizione del Trek:
Provenendo da Imola passato Castel del Rio proseguendo sulla S.S. Montanara, sulla destra si sale, per la valle di Rio Quercioli per poi prendere a sinistra fino alla chiesa di Sant'Andrea.
Il sentiero ad anello inizia in corrispondenza dell'antica pieve, purtroppo l’ho sempre trovata chiusa e non sono mai riuscito a visitarla.
La stretta strada asfaltata passato un gruppo di case scende, a sinistra e diventa sentiero.
Si prosegue, in falsopiano, ci si tiene sostanzialmente paralleli al Santerno, a tratti nel bosco e a tratti su rocce scoperte. Vedrete ad un certo punto, in uno dei tratti esposti, la Cascata del Rio dei Briganti, che in corrispondenza di Moraduccio si getta nel Santerno.
Una cascata alta venti metri, bella da vedere sopratutto quando il Rio è in piena.
In vista di Castiglioncello si scende, con attenzione, c'è un breve tratto esposto e ripido.
Si giunge al bel paese abbandonato, antico borgo Granducale di Toscana e antico confine di stati.

Castiglioncello
La chiesa del borgo abbandonato
La salita verso Negheredola

In lontananza l'antico borgo
Si torna poi indietro e si risale il ripido costone arenaceo, esposto al sole e al vento; circa 2 km di salita impegnativa con un dislivello di 300 m. una “pettata”, come dicono in Toscana, veramente faticosa. Io mi prendo sempre il tempo per fermarmi, girarmi e vedere la vallata dall’alto, mirare la torre di Castiglioncello diventare sempre più piccola e immaginare il suono delle sue campane riecheggiare in questi luoghi... un’immagine di un tempo antico.
Vi ripeto una salita che ti toglie il fiato in tutti sensi, prendetela con calma, i muscoli delle gambe sono sollecitati al massimo, il battito del cuore che ti rimbomba dentro…
Bellissime sensazioni, bellissimi panorami, pensi che ne valga la pena di essere li, senza ombra di dubbio.
Negheredola, la casa rifugio
Il sentiero prosegue fino a giungere la località Negheredola, una delle case è accessibile ed è possibile utilizzare il camino e al piano di sopra dormire (dentro a una tenda consiglierei).
Mi è capitato una volta di incontrarvi una comitiva di amici che facevano la brace, due ragazzi del gruppo mi raccontarono, quasi tutti i fine settimana erano li per sistemare la casa e renderla utilizzabile a tutti e gratuitamente purché tutto sia tenuto a modo, in ordine.
Bravi ragazzi, un bellissimo incontro pieno di energie positive e voglia di far tornare la gente in quei luoghi antichi.

Passata la località il sentiero continua a salire fino a giungere sulla cresta in corrispondenza di Monte Pedone poi, curva a destra ed inizia una costante, lunga, discesa; l’alternativa sarebbe quella di dirigersi verso Monte Pratolungo.
Si tiene il margine di un castagneto che, alla fine, si attraversa poco sopra Ladrino per poi scendere alla borgata ristrutturata di Poggio di Sant'Andrea da dove una pista ghiaiata scende alla chiesa da cui si è partiti.

Il Sentiero CAI 717 Anello di Sant’Andrea nella mappa 1:50000 Alto Appennino Imolese del Club Alpino Italiano è considerato EE con un tempo di percorrenza di circa 4 ore; io questo anello l’ho fatto più volte e lo conosco bene e ci impiego da solo circa 2 e mezza, ma ripeto se ci andate prendetela con calma, ammirate ciò che la natura vi offre e godetevi la giornata a pieno.

Il tracciato del Sentiero CAI 717 con l'applicazione Wikilock

Se avete intenzione di fare anche voi questa escursione, vi lascio di seguito il link del tracciato con l’applicazione Wikilock.
https://it.wikiloc.com/percorsi-escursionismo/castel-del-rio-bo-anello-sentiero-cai-717-46549025

Faro poi un post apposito su come programmo le mie escursioni.